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martedì 12 gennaio 2010

La guerra dei pezzenti



Chi mi conosce sa che rifuggo dal politically correct e dal buonismo in genere: non si può analizzare correttamente un fatto se ci si auto impone dei filtri e tuttavia non vorrei che il titolo del post, dedicato ai tristi fatti di Rosarno, venisse frainteso: la sintesi del titolo infatti non spiega affatto il fenomeno ma è volutamente provocatorio, anche perché il termine pezzente assume valenze diverse a seconda di che parte si decida di concentrare l'attenzione.
I pezzenti dei fatti di Rosarno infatti, si distinguono tra di loro e troviamo così, da una parte veri e propri poveracci, costretti ad abitare in una sorta di porcilaia che  alcuni media hanno benevolmente definito, colti da chissà quale pudore, ghetto, e pezzenti cui la povertà è di ben altra natura che solo in minima parte a a che vedere con l'economia.
 
rosarno372Stridenti paiono le prese di posizione di alcuni abitanti che si reputano offesi delle accuse di razzismo piovute da ogni dove, e alcune affermazioni riportate dai telegiornali suonano come insulti alla ragione, come quel giovane che alla domanda impertinente del cronista che chiedeva chi, adesso, avrebbe raccolto le arance, rispondeva con candida fierezza che non ci sarebbero stati problemi, le arance le avrebbero raccolte loro, gli abitanti di Rosarno.
Lapalissiano: ora che non ci sono più gli "sporchi negri", improvvisamente per i lavori pesanti e sottopagati, c'è pronta la fila di rosarnesi! Ci si chiede prima cosa avessero da fare...
I proprietari terrieri poi, come possiamo definire queste persone disposte a svenarsi per pagare 20 € al giorno, in nero, estorcendone contemporaneamente 5 per portare gli "schiavi" nei loro aranceti?
E le autorità? Cieche, sorde, mute e soprattutto conniventi con questo sistema disumano, termine con il quale intendo sottomissione delle stesse alle mafie sia che sia dovuta a reali intrallazzi o, più malinconicamente, per codardia.rognetta
Tra le autorità non esito a mettere anche la Chiesa, sempre in grado di trovare le parole giuste, di affermare il proprio sdegno quando i fatti sono già avvenuti: "dalla chiesa escano i farisei", ha tuonato il parroco.
Già ma chi sono i veri farisei?
Ad ogni modo meglio tardi che mai e, forse, a quel parroco va riconosciuto un certo coraggio.
Meno onesta mi è parso invece lo sdegno, tardivo dei cittadini che ieri si sono riuniti per protestare contro il trattamento loro riservato dai media. Ma chi è che diceva solo qualche giorno fa:
Bossi che chiama la Calabria Africa del Nord ora ci dovrà ringraziare, perché avrà capito che solo noi facciamo sul serio: lo Stato non ha fatto e non ha voluto fare niente, abbiamo fatto tutto noi, lo Stato preferiva proteggere loro e non noi.
O ancora
Non siamo razzisti ma quelle sono bestie
A volte esprimendo con incredibile fierezza che
Noi emigrati calabresi all'estero non abbiamo mai fatto porcherie come questi beduini da noi
Tanto che un migrante rosarnese ritornato in Italia grida il proprio sdegno con queste parole:
Io abitavo a Nizza con la mia famiglia, moglie e due bimbe. Non ne potevo più, non volevo far crescere le mie figlie in quella città piena di immigrati. Il mio desiderio era quello di farle vivere in un ambiente sano come quello di Rosarno. Sono tornato, sono tornato e poi anche qui ho trovato quelli.
Strano modo di esprimere il fatto di non essere razzisti.

Infine una nota sulle violenze scatenate dagli immigrati. Persino il cardinal Bertone si è scomodato nel condannare l'esplosione di violenza cieca degli immigrati, denunciando naturalmente anche il precedente sfruttamento. Parole che apparentemente non possono essere messe in discussione: la violenza è sempre da condannare.3135286938_404e83697a_b
Ma dove è l'origine della spirale di violenza? Ciò che gli immigrati hanno fatto è stata una manifestazione di una violenza nata prima, evidentemente divenuta insostenibile. La violenza è deprecabile ma non è assolutamente vero che non sia giustificabile se è vero che la violenza genera violenza. Respingerla come soluzione è virtuoso, persino eroico, ma ribellarsi in modo violento alla  violenza è di fatto un'alternativa terribilmente umana: condannarla moralmente è tanto semplice quanto difficile controllarsi quando per mesi, anni, o persino per tutta la vita, la propria dignità viene calpestata dalle altrui prepotenza.


Link di riferimento:
Repubblica.it
Repubblica.it
Corriere.it

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