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giovedì 11 febbraio 2010

Etica: un'esclusiva religiosa?

A sentire un fedele qualsiasi, il bene e il male sono concetti ispirati dalla divinità all'uomo, motivo per cui solo l'abbandono dell'uomo ai dettami di Dio può garantire un etica corretta.
Al di là del fatto che per le religioni del libro i concetti di bene e male, originati dalla divinità, sono passati all'uomo  grazie all' "Avversario" e non per volontà o ispirazione divina.
Per assurdo, nello stato di grazia, allorché l'Uomo non aveva idea del bene e del male, alcuni suoi comportamenti non erano comunque "etici" tanto che, ad esempio essi vagavano per l'Eden completamente ignudi. Se Dio aveva chiaro che girare ignudi era male, perché mai lo permetteva ai progenitori del genere umano prima che essi ne avessero consapevolezza? 
La realtà è che i concetti di Bene e Male esulano dalla religione, la quale, al più, se ne fa interprete, anche se fa di tutto per passare da autrice.
Bene e male sono concetti che non sono insiti nell'uomo ma sono frutto dell'esperienza, la quale si crea in un determinato luogo, in una determinata epoca attraverso l'iterazione dei componenti di una data società (popolo). Ne è riprova la storia della stessa religione che nel tempo tende ad adattarsi per sopravvivere (già, puro evoluzionismo!).
In epoche diverse infatti si sono determinate concezioni di Bene e di Male in totale antitesi o comunque assai differenti.  Credete davvero che oggi un tribunale ecclesiastico ritenga giusto condannare di eresia uno scienziato per aver scoperto qualcosa di non coerente alle scritture? 
Facciamo un altro esempio: ritenete che incitare l'uccisione degli infedeli dichiarando che tale assassinio è persino meritevole agli occhi di Dio sia bene? Non vi sembrano discorsi da Talebani?
Pensate invece che a sostenerlo fu Bernardo di Chiaravalle, santo e dottore della Chiesa.
Di esempi così ce ne sarebbero a bizzeffe (considerazione della donna, legami con i regimi dittatoriali ecc), ma non voglio dilungarmi ulteriormente.
Ci sono altre considerazioni da fare: l'agire con coscienza per il bene non da in assoluto risultati benevoli. Al di là del fatto che il troppo "stroppia"  e che cercare di fare troppo del bene si finisce per fare del male, può capitare che anche un oculata azione benefica abbia risultati imprevisti (delizioso il classico di Calvino "il visconte dimezzato"). Inoltre ciò che pare bene per noi è male per altri, pensiamo all'azione dei missionari che nel tentativo di portare la civiltà della Buona novella hanno "inavvertitamente" generato superstizioni tali da creare vere e proprie aberrazioni (vedasi ad esempio "i Bimbi Stregoni"): non era forse meglio lasciare a quei popoli la loro cultura?
Insomma, benché sia doloroso ammetterlo, Bene e Male sono concetti assai relativi e se da un lato mi rendo conto che  tale relativismo possa infastidire il credente, non a caso Ratzinger (e il suo predecessore) ci si scaglia sovente contro, dall'altra è evidente la relatività è assai più rappresentativa della realtà umana di quanto non lo sia la presunta consapevolezza di origine divina. D'altra parte, questa non dovrebbe essere per definizione mutevole, ma assoluta, a meno che, ovviamente, non si accetti l'idea che l'onnisciente divinità possa cambiare idea, di tanto in tanto.
   

Riferimenti:
Telegraph

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