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mercoledì 10 novembre 2010

Eutanasia: l'attacco di Avvenire


Premessa: l'associazione Luca Coscioni e i Radicali rilanciano in versione Italiana uno spot sull'eutanasia riprodotto qui sotto:



Immediatamente, come è ovvio che sia nella dialettica delle cose , la Chiesa si oppone e attraverso il giornale dei Vescovi, Avvenire commenta con un articolo al veleno intitolato "Pubblicità mortale" a firma di F. Ognibene.
Francamente, leggendolo sono rimasto senza parole: ovviamente non mi aspettavo altro nella sostanza, ma avrei gradito qualche cosa di più consistente, sia da un punto di vista di contenuti che di dialettica.
Ognibene invece si limita al compitino lasciando via via affiorare la sua ostilità crescente, generata dal terrore che probabilmente, se proposto su larga scala, l'argomento eutanasia troverebbe una quantità di favori che farebbe traballare la pretesa di maggioranza insita nel cattolico italiano.
La proposta di depenalizzare l'eutanasia, infatti, viene accostata niente poco di meno che ad un sasso gettato contro la cristalleria dei valori condivisi da un intero popolo. 
Ad Ognibene non sfiora nemmeno l'idea che questi valori, un'intero popolo li ha da tempo iniziati a vedere sotto una luce diversa e per questo non si vergogna nemmeno di richiedere l'intervento delle istituzioni per mettere a tacere la voce di dissenso: 
(...)E chiamando chi può – e deve, per funzione istituzionale – a sopperire con la propria al grave difetto di responsabilità altrui.
Il giornalista non si pone nemmeno il problema di cosa sia questa visione alternativa: per lui è un "tabù" e tale lo deve rimanere anche per gli altri, indipendentemente dal loro credo o dal loro senso morale. Per precisione, sarebbero i Radicali Italiani a definire l'eutanasia come tabù, ma di fatto per il cattolico essa lo è a tutti gli effetti, al punto che il fatto che esista il divieto a praticarla viene definito "senso comune". 
Comune a chi? verrebbe da domandarsi, perché, pare, i dati statistici dicono il contrario. Ma sono statistiche di parte, evidentemente (per lui), non bisogna tenerne conto:
E a poco serve sbandierare sondaggi – come succede in coda allo spot – realizzati allo scopo di dimostrare quel che si desidera
Bisogna credere ciecamente a quello che dice lui, il giornalista, che però di dati non ne porta. Comprendiamolo, è religioso, quindi per lui bisogna credere in qualcosa, altrimenti la vita non ha senso.
Nello specifico, noi, dovremmo credere a lui.
Informiamoci invece, e così su due piedi, leggendo Wikipedia , fonte non certo nota per la sua equilibrio nei confronti del cristianesimo (nel senso che è dalla parte del cristianesimo in modo spesso spudorato) troviamo una bel sondaggio del 2006, tutto sommato recente, pubblicato dall'Ordine dei Medici ed Odontoiatri della Provincia di Torino avente come Target infermieri di età compresa tra i 30 e i 40 anni, dal quale emerge che:

  • il 74% è favorevole all'eutanasia passiva (non somministrare farmaci o terapie)
  • l'83% è favorevole all'eutanasia attiva (somministrando terapie letali)
  • il 76% invoca il testamento biologico
Interessante il fatto che il 76% di questui infermieri si dichiara credente!

Dal sondaggio al Centro di Bioetica dell'Università Cattolica di Milano si rileva che:
  • il 92% degli intervistati considera l'attuale normativa repressiva e da superare

Durante il clamore del caso Welby un altro sondaggio rivelava che:

  • il 64% del campione statistico risultava favorevole all'Eutanasia, il 20% si dichiaravano contrari e il16% di indecisi
  • del 64% il 50% è costituito da cattolici praticanti

Dunque perché credere a Ognibene quando tutto porta a credere che questo "senso comune" sia davvero cambiato, rivelando come veritiere le accuse  da sempre rivolte alle Istituzioni che il giornalista perfettamente descrive come:
 (il) trito teorema secondo il quale il Paese sarebbe più avanti del Palazzo (e della Chiesa, manco a dirlo) nell’esigere la codificazione di nuove "libertà"...
Sarà pur trito e ritrito ma, ahimè, pur sempre vero. D'altra parte nei Palazzi e nelle Cattedrali vige una gerontocrazia che, non fosse per questioni anagrafiche, non sono in grado di rispondere celermente ai fabbisogni del Paese, né di coglierne appieno cambiamenti e finanche mutazioni. Oltretutto, è bene sottolinearlo, anzianità vuol dire esperienza, non per forza saggezza: quella è la capacità di far fruttare l'esperienza.  Nei Palazzi, sacri e non , l'esperienza viene usata al solo scopo di mantenere il potere, e a ben guardare c'è da riconoscere che lo fanno bene. Indipendentemente dall'onestà.
Inutile quindi ricordare
agli smemorati che il Codice penale sanziona con chiarezza l’omicidio del consenziente
Non vi sono smemorati ma gente, molta per di più, che si augura che tale legge venga abolita o al peggio depenalizzata, come del resto accadde con divorzio e soprattutto con l'aborto.
Peraltro dar voce a una idea diversa non dovrebbe essere reato, come invece ritiene il pio Ognibene quando scrive che:
Permettere che si pubblicizzi un reato attraverso i mezzi di comunicazione a noi pare inammissibile: ed è lecito attendersi che l’Autorità garante delle comunicazioni, alla quale i radicali si sono rivolti per chiedere il via libera allo spot della morte, faccia il proprio dovere senza esitazioni fermando questa inutile provocazione
Quando dico che in genere il credente ragiona in soli termini assolutistici e non è in grado di vedere altra realtà che non sia quella che la sua mente gli ottusa permette di percepire intendo proprio ciò che si evince da queste parole, irrispettose e arroganti.
In fondo chiedere la liberalizzazione dell'eutanasia non significa uccidere i malati, ma dare modo a chi non si sente più in grado di accettare ciò che non considera più vita di morire. Che una religione si arroghi sui suoi fedeli il potere di vita o di morte è già di per sé ridicolo, ma accettabile: che lo imponga anche a coloro che fedeli non sono è pura tirannia.
E i metodi da tiranno ben si scoprono allorquando Ognibene, rivolgendosi al direttore di Telelombardia e al suo editore, neanche velatamente si propone con quel
premeditato bullismo politico e culturale
che evoca a inizio articolo associandolo al modo di fare dei "nemici", sottolineando quanto poco essi comtino:
 Associare il proprio nome a questo macabro gioco non serve ad accreditarsi se non presso i radicali e i loro sodali. Poca roba, a conti fatti. Anche per chi dovesse mirare solo all'audience.
E poi si vantano di avere il primato morale.
Che schifo.

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