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martedì 29 marzo 2011

Promesse mantenute


Una volta si parlava di "promesse da marinaio", una locuzione derivata forse dal fatto che i marinai avevano fidanzate in più porti con le quali si impegnavano promettendo le nozze. Oggi, specialmente in Italia, la locuzione si potrebbe modificare in "promesse da politico", giacché,  nella remota ipotesi che un candidato, una volta eletto, riesca a mantenere una promessa, in genere essa risulta così lontana dall'idea originale che la stessa  non può essere onestamente considerata mantenuta.
Ci sono delle eccezioni, e quando ci sono è bene sottolinearle.
Il governatore del Veneto, Luca Zaia una promessa l'ha mantenuta.
Ne vengo a sapere solo ora, ma poiché ne avevo accennato in un paio di post dello scorso ottobre, sono lieto, si fa per dire, di vedere la faccenda conclusa.


Dopo una lunga ed estenuante guerra contro tutto e tutti alla fine è riuscito appieno e, badate, non una sola pagina della sua promessa è stata cambiata, nulla, nemmeno una parola.
Tutto quanto, dalla Genesi all'Apocalisse è giunto alle amministrazioni scolastiche.
No, non è mia intenzione modificare tutte le locuzioni dell'italica lingua: non intendevo dalla A alla Z ma proprio dalla Genesi all'Apocalisse, visto che la promessa di Zaia consisteva nella distribuzione della Bibbia a tutte le scuole del Veneto, il tutto accompagnato da una circolare dell'assessore alla cultura Donazzan (copia dell'originale reperibile dal Blog di Antonio Caporale di Repubblica reperibile a questo indirizzo), che vorrei commentare.
Preg.mo Dirigente, con la presente sono a comunicarLe che La Regione del Veneto, con un'iniziativa promossa dal Presidente Luca Zaia e rivolta a tutte le Scuole Primarie del Veneto, ha deciso di donare una copia della Sacra Bibbia agli alunni. Nella consapevolezza che il Libro Sacro, oltre ad essere il testo religioso più diffuso al mondo, rappresenta per tutti noi un riferimento indispensabile per comprendere le nostre radici culturali e la nostra tradizione.
Sebbene dal 2006 il libro più diffuso al mondo sia il catalogo Ikea (qui), che naturalmente ci auguriamo rimanga fuori dagli istituti scolastici continua a d essere interessante questo insistere sulla Bibbia come riferimento indispensabile per la comprensione di noi stessi.
Partiamo dal fatto che questo testo sacro racconta la storia di un popolo nomade del medio oriente che, dipartito dalla Mesopotamia dopo varie peripezie diviene stanziale in Palestina e non quella del coacervo di popoli italici riuniti dapprima sotto il dominio di Roma e per oltre dozzina  di secoli soggetti a invasioni di ogni genere.

Non parla nemmeno dei Veneti, quelli coevi a Celti, Liguri, Apui, Sanniti e via dicendo. E a dirla tutta non viene mai citata neppure la Serenissima, nella cui storia vi sono parecchie pecche dal punto di vista "cristiano", vedasi ad esempio la IV Crociata e il relativo sacco di Bisanzio.
Comunque sia gli studiosi del testo sacro ci raccontano che lo stesso è una raccolta di libri, spesso scritti in periodi posteriori agli avvenimenti descritti, con leggi funzionali solo in epoche remote quando la "civiltà" muoveva i suoi primi passi, spesso violente in modo, per oggi, talmente intollerabile, che ci scandalizziamo tutti quando ad applicarle sono i talebani. Anzi così assurde che abbiamo mosso un esercito per insegnare a coloro che le applicano il diritto insito nelle democrazie.
Per di più, l'antico testamento ci rimanda ad un immagine di una divinità essenzialmente tribale, partigiana, rozza, sanguinaria al punto che si spera davvero che, se si debba farla rientrare nella nostra cultura venga additata come modello negativo.
E' una riflessione che vorremmo promuovere con il mondo dell'educazione, dai docenti ai nostri giovani di età scolare sui grandi temi di attualità nella nostra società, alle radici culturali delle nostre comunità, alla centralità della persona ed ai principi fondativi del nostro vivere comune, laico prima ancora che religioso.
Ho volutamente staccato questo capoverso dal precedente per sottolineare quanto esso sia totalmente avulso dal ragionamento poc'anzi iniziato. Sostanzialmente l'idea sarebbe questa: vi dono la Bibbia così che possiate riflettere sui grandi temi di attualità, sulle radici culturali, sulla centralità della persona ecc.
Su quali temi di grande attualità dovrebbe invitarci a riflettere la Bibbia lo sa solo Zaia e il suo staff, quanto alla centralità della persona non mi sembra che la Bibbia dia un buon esempio. Così a caso, mi sovvengono richieste di sacrificio del proprio figlio (Abramo),  libera concessione a Satana di un proprio seguace (Giobbe) e poi un versetto che tanto mi piace tirar fuori quando si parla di religione e aborto, circa il valore dell'individuo fornito dalla Bibbia:
Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un'ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato.  Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita (Esodo 21:22-23)
Testo che curiosamente precede il famoso "occhio per occhio" tanto amato da certi fondamentalisti.
Ma tornando alla circolare il meglio di questo capoverso è proprio nelle ultime parole: tradotta, infatti, la frase ci svela che per promuovere la riflessione di una comunità in primo luogo laica, si regala la Bibbia, un testo religioso. Logica notevole.
Proseguiamo:
Siamo convinti che la politica, indipendentemente dall'appartenenza partitica dei singoli rappresentanti, debba, nella sua alta e nobile funzione di amministrare la "cosa pubblica", dare segnali e stimoli che necessariamente si devono fondare su elementi condivisi.
Ecco magari regalare la Costituzione sarebbe stato un suggerimento migliore per dare segnali ad una comunità che si definisce laica. Ma forse Zaia preferiva riflettere sulle recenti alluvioni attraverso, che so io, il racconto mitologico del Diluvio Universale.
Poi parlare di elementi condivisi quando si parla di religione è un ossimoro. Senza scomodare altre religioni basti pensare al numero di sette, di riti e di interpretazioni all'interno della medesima religione cristiana (che per altro non propongono neppure la stessa traduzione delle Scritture...).
Nel doveroso riconoscimento del patrimonio di valori in cui si riconoscono le nostre Istituzioni, compreso ovviamente il mondo scolastico, siamo convinti però che la deriva laicista, spesso ancorata ai dettami del relativismo e del nichilismo, non possa essere una risposta efficace in un mondo in continua evoluzione.
Politichese da quattro soldi che non ha capo né coda. Pur riconoscendo il patrimonio di quali valori: quelli laici o quelli cattolici? E se doverosamente si riconoscono quelli laici da dove deriverebbe la deriva laicista? E cos'è, poi, la deriva laicista se gli elementi fondativi del nostro vivere comune sono laici ancor prima che religiosi? Di cosa si  dovrebbe preoccupare un Politico per di più (pseudo) federalista laico del relativismo se esso predica che ogni cultura produce criteri validi per se stessa ( e non per altre culture, da qui il relativismo)?
Ad ogni modo più che le parole di un assessore mi sembrano una predica di Ratzinger, il che è tutto un dire sulle finalità di puro consenso di questa inutile iniziativa.
E' il riconoscimento, senza pregiudizi ideologici che il nostro stesso vivere civile, il nostro diritto, la nostra morale, i nostri costumi sono intrisi di principi derivanti dal cristianesimo. E' il comprendere che il nostro patrimonio storico e artistico, la nostra letteratura, le nostre città sono "immerse" nella cristianità.
Occorreva regalare Bibbie per evidenziare, senza pregiudizi ideologici, che molto di quanto ci attorni derivi dalla Storia del Cristianesimo (non certo dai suoi principi...). Ad ogni modo il Diritto non deriva dal Cristianesimo, e molta della morale che deriva da esso è in realtà una morale comune anche a popoli non seguaci delle religioni del libro, perché derivano da fondamentali  del vivere civile che solo successivamente la religione ha tradotto in direttive divine.
Leggere la Bibbia, dare la possibilità ai bambini di commentarla in classe, trovare dei momenti di discussione su tematiche che possano diventare stimolo di ragionamento e riflessione, crediamo fermamente sia un'occasione importante per gli studenti, magari in occasione delle prossime festività natalizie attorno ad un presepe, simbolo della nostra tradizione popolare più vera e profonda.
Forse che Zaia e soci ignorino che nelle scuole esiste già l'ora di religione? E che, per di più certe cose sono vero e proprio catechismo?
Visto che la scuola non dovrebbe fare catechismo, potremmo avallare l'idea a patto che la Bibbia venga spiegata da docenti di Storia e Filosofia, chissà se Zaia ha pensato a questa ipotesi?
In questo riconoscersi, oggi non più scontato, ritroviamo l'essenza stessa della nostra identità, indispensabile strumento che ci permette di comprendere le diversità presenti nella nostra società e, in un domani già fattosi presente, improntare politiche di integrazione che partano prima di tutto dalla consapevolezza delle nostre radici.

L'obiezione è tutta dentro le prime parole della frase. Il non più scontato riconoscersi è sintomo di una realtà mutata che non può essere governata con l'imposizione di una religione sulle altre. Questi politicanti da quattro soldi, che mirano al consenso più che al buon governo non si sono ancora resi conto che le dinamiche del presente sono troppo veloci e impetuose per essere "integrate". Oggi è fondamentale non tanto la Bibbia, quanto la Carta Costituzionale, improntata sulla convivenza più che sull'integrazione.
O vogliamo per forza ricordare, per farlo riflettere, a qualche bimbo egiziano emigrato che il buon dio degli ebrei e dei cristiani aveva a suo tempo donato al suo popolo le proverbiali piaghe? 

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