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giovedì 14 luglio 2011

I signori della (non) vita


Vaticanitaly s'è desta; purtroppo.
Non contenti di governare male la società e quindi le direttrici che regolano la vita di tutti i giorni, alcuni parlamentari hanno voluto impegnarsi con, ahimè,  fin troppo ovvi risultati, sul tema della morte.
La morte, come ultimo stadio della vita, dovrebbe essere soggetta in qualche modo alla volontà propria dell'individuo. Ognuno di noi, durante la vita, esprime un desiderio riguardante la tipologia di morte da augurarsi e, parimenti, quella che più gli fa orrore e spera di non dover affrontare.
C'è chi spera di vivere a lungo e di morire nel sonno, chi egoisticamente e con molta fantasia durante un orgasmo; c'è chi si abbandona alla volontà di un dio e chi invece preferisce una morte dignitosa, il cui concetto di dignità è determinato in modo strettamente personale. Io ad esempio non desidero vivere troppo a lungo, convinto come sono che le generazioni a venire debbano avere i propri spazi: spero di poter contribuire nel mio piccolo a risolvere i problemi del mio tempo, dopo di che son certo arriverà qualcun altro che potrà prendere il mio posto e affrontare quelli di ciò che sarà, a tutti gli effetti, il suo tempo. Non mi spaventa la menomazione fisica, quindi vorrei sopravvivere anche se immobilizzato, purché rimanga intatta la mia capacità di discernere e interagire con il mondo che mi circonda. Se il mio cervello risultasse danneggiato in modo irreparabile non vorrei che il resto del mio corpo fosse tenuto in vita da macchine e medicina. Il motivo è semplice: sono perché giudico. Persa questa capacità io mi riterrei morto.
Ovviamente questo riguarderebbe la mia persona. Non staccherei mai la spina a chi dovesse dichiarare idee contrarie.
I nostri politici più o meno governanti, portatori insani di cilicio, invece la pensano in modo diverso. Ritengono la mia una scelta illiberale e si vantano, obnubilati dalla fede del loro dio geloso e prepotente (su sua stessa ammissione), di aver partorito una proposta di legge equilibrata che secondo loro, parola del relatore di maggioranza,  è
un giusto punto di equilibrio tra autodeterminazione, diritto dell’individuo e ruolo del medico
nel senso che puoi determinare solo ciò che vuoi ti facciano, ma non ciò che vorresti che qualcuno ti costringesse a subire e che comunque, qualunque cosa venisse decisa dall'individuo non sarà vincolante per il medico.
Peggio: il medico può decidere se dare ascolto o meno ai desideri del malato solo dopo che su questi è stata “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale". Detto in parole semplici il medico può evitare di mantenere in uno stato considerato dal "malato terminale" non accettabile, solo dopo che questi è morto! Delirante: dove sta l'equilibrio non si sa, di certo non nella proposta di legge né nelle menti che l'hanno partorita.
Il problema di costoro è che insistono sul concetto dell'impossibilità di poter usufruire della propria vita secondo le proprie volontà basandosi sul fatto che non è possibile "dare la morte". Al di là dell'idea sulla giustezza o meno di tale principio, qui non si parla di "dare la morte" ma più semplicemente di lasciare che la vita faccia il  proprio corso, almeno laddove un individuo abbia espresso precise indicazioni in merito.
Indicazioni, ben inteso, che riguardano anche il sostentamento del corpo anche qualora il concetto di vita venga messo in dubbio dal resto del mondo.
Dare la morte significa uccidere per decisione propria ed è giocoforza diverso dal concederla. Da morte il boia, il giudice che condanna alla pena capitale, l'uomo che usa un arma sia per offendere che per difendere; ovviamente ognuna di queste azioni hanno implicazioni diverse, ma sono comunque decisioni proprie dell'individuo che le compie.
Il terrore di costoro, i cattolici, è che alla fine l'eutanasia possa divenire un surrogato della pietà divina, sicché l'Uomo miri a una lieta fine della vita terrestre senza interessarsi troppo, a scapito delle loro organizzazioni, di quella possibile ultraterrena.
Lo si evince dall'incaponirsi della chiesa attraverso le parole del suo leader, ancorché pronunciate quand'era il "semplice" Prefetto:
Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la Santa Comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto e all'eutanasia.
Rispettabili opinioni (e d'altra parte il Vaticano eliminò la pena di morte solo nel 2001 anche se non era formalmente più applicabile dal 1967).
Non meno di quelle di chi la pensa diversamente da loro.

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