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mercoledì 7 dicembre 2011

Equità singolare (e populismo da quattro soldi).


La recente legge finanziaria, l'ennesima correttiva di questa travagliato anno, è figlia dell'incompetenza e dell'ingordigia di una classe politica inetta il cui unico scopo è stato quello di garantirsi consenso, anche da quattro soldi, da tradurre possibilmente in voti. e, quindi, in molti soldi. Ovviamente il fine doveva essere ben altro, il governo del Paese, l'attuazioni di riforme che garantissero un futuro e una giustizia ai cittadini di oggi (non uso volutamente la parola "giovani") e a quelli futuri, adeguando lo Stato ai tempi, aiutando la ricerca affinché migliorasse le condizioni di vita nonché la ricchezza di un paese povero di materie prime, tranne quella grigia, che purtroppo ci limitiamo a sprecare, per non dire buttare, mandandola in altre nazioni alla stessa stregua delle navi piene di rifiuti tossici.
La manovra, dicevo, è pesante ed è costruita su un concetto di equità piuttosto singolare, di certo deludente rispetto alle tante aspettative, anche populistiche, di veder colpiti pesantemente i privilegi. Da molte parti ho letto semplificazioni piuttosto banali, ad esempio sul fatto che non occorreva un professore per aumentare l'accise della benzina. Corretto, tuttavia è evidente che è stato riscontrato un fabbisogno immediato di denaro di certo non imputabile al neo ministro né, tale affermazione, entra nel merito di come verranno utilizzati questi soldi, ovvero se tutti per pagare gli stipendi statali e le pensioni (semplifico), o se in parte reinvestiti al fine di creare condizioni per la ripresa (sgravi per assunzioni di giovani e donne). Ho letto anche di peggio, come in alcuni messaggi su Facebook ove si narra il fatto che il ministro De Stefani, stiamo parlando dell'Italia Fascista, il 2 giugno del 1925 poté proclamare il pareggio di bilancio senza poter contare su accise (falso), irpef, irap, addizionali varie ecc. Il dato è reale, beninteso,  ma riportato in modo talmente tendenzioso da apparire ad un analisi un po' meno superficiale, persino stupido: l'Italia dell'epoca cresceva a ritmi vertiginosi, riscontrabili oggi solo nei Paesi emergenti (10% all'anno); quindi l'aumento del PIL e della ricchezza media, a parità di tassazione garantiva allo Stato gettiti sempre maggiori. Inoltre l'incidenza della spesa pubblica andava proporzionalmente diminuendo, sempre rapportando la stessa al PIL, il quale ribadisco cresceva in modo consistente e costante. Non bisogna essere dei geni dell'economia per comprendere quanto la crescita di un Paese emergente sia inizialmente più che proporzionale e poi vada piano piano rallentando, man mano che il paese emerge, assestandosi a quelli dei Paesi più evoluti economicamente e divenga, infine, come questi soggetto alle crisi e alle fluttuazioni del mercato. Il confronto quindi, e lo affermo con forza, non solo è sbagliato, ma totalmente inutile, essendo diverse le condizioni di base.
Ritorniamo però al presente. 
Come detto l'equità della manovra proposta è cosa piuttosto vaga: alla fine pare, se il Parlamento approverà la legge, saranno colpiti sempre i soliti noti, ovvero coloro che tasse e imposte sono "costretti" a pagarle. Lo scudo fiscale di "tremontiana" memoria, assurdo per la sua entità (un misero 4% contro quote almeno 5 volte maggiori richieste da altri Paesi dell'Unione), è stato corretto con una percentuale da "contentino". Si tratta pur sempre di capitali rientrati a seguito di evasione, sul quale si hanno fin troppe remore. Stesso discorso vale per la tassazione una tantum sui capitali depositati in Svizzera, su cui non abbiamo avanzato richieste, a differenza di stati che hanno pattuito con lo Stato elvetico un prelievo che ha fruttato svariati miliardi di €. 
Non potevamo aspettarcelo da un governo di chiara matrice confessionale, tuttavia un prelievo a chi detiene il 38% del patrimonio immobiliare giacente sul territorio patrio (parlo del Vaticano) non sarebbe stato un grave peccato. Non sto parlando di una pur auspicabile revisione del Concordato, comunque oramai fuori dal tempo e dalla logica, ma di una tassazione corretta su enti religiosi che hanno anche fini di lucro cosa che sarebbe comunque un ribaltamento sostanziale rispetto alle incredibili e intollerabili leggi a firma Prodi - Berlusconi che garantiscono tuttora esenzioni a edifici a non esclusivo fine di lucro (e che peraltro sono soggette a revisione della UE e per le quali lo Stato Italiano rischia una multa). Le nostre "sanissime" Banche, aiutate non si sa perché (nel senso che non ce lo dicono, ma si intuisce) da Tremonti dopo il crollo seguito al fallimento di L&B, sono comunque state declassate in virtù appunto della loro "ferrea" salute, dimostrata anche dal fatto che il loro valore è sceso ben oltre la ricapitalizzazione (tradotto: valevano 10, hanno ricapitalizzato ossia hanno emesso azioni per 5 e adesso valgono solo 7), hanno avuto, da questa manovra, un ulteriore aiuto con l'istituzione di una sorta di assicurazione anti fallimento. Doveroso, beninteso, non possiamo veder fallire le banche, tuttavia ci si chiede perché non venga chiesto alle stesse di abbassare i tassi  che stanno strangolando l'economia reale. 
Gli effetti della manovra si vedranno nel tempo, anche se sembra improntata comunque a non toccare i privilegiati o se vogliamo rimanere neutri, i ceti più abbienti, quasi all'insegna che se togli il pane alla mensa del ricco poi non ti rimangono neppure le briciole. La gente, il popolo, ragiona in modo semplice e lineare. Di questa manovra percepisce il rinvio dell'età pensionabile, il blocco con conseguente riduzione del potere d'acquisto di stipendi o pensioni, già di per sé basse, a fronte di un mancato innalzamento dell'IRPEF per chi pagando un 2 % non avrebbe certo problemi a mantenersi; percepisce l'aumento del prezzo della benzina per tutti, che inciderà in modo sproporzionato più sull'operaio che deve andare al lavoro con la sua utilitaria, piuttosto che sul signorotto che viaggia in un auto che costa come un monolocale, se non di più, giacché, se i monolocali su quattro ruote consumano di più, il divario dello stipendio tra operaio e manager è per l'appunto sproporzionato a favore di questi ultimi (a meno che non ci sia una giustificazione per cui, ad esempio, il direttore del TG1, RAI azienda pubblica, Augusto Minzolini, abbia a disposizione, tra vari benefit, una carta di credito aziendale che gli avrebbe permesso di spendere per non ben precisate spese di rappresentanza 65.000 € ovvero lo stipendio annuale di tre operai).
La manovra scontenta, se non tutti, la maggior parte (che poi, va detto,è il popolo, la gente comune), ma è quando va a toccare gli "abbienti" che esce il vero animo dell'italiota, ben sintetizzato nell'assioma per cui è equo ciò che devono pagare gli altri, mentre è profondamente ingiusto se a pagare devo essere io.
Così a fronte di una tassa sulle barche (con vari distinguo) scopriamo che questo sarebbe la fine, niente di meno che, del turismo da diporto. L'avreste mai detto?
Poi ci sono i farmacisti che sono sul piede di guerra perché i supermercati potranno vendere farmaci con ricetta: sarà la rovina nostra, dicono. Già, né più né meno di come lo fu per le migliaia di esercizi commerciali in paese, chiusi a seguito della costruzione di un mega centro commerciale. Per panettieri e fruttivendoli nessuno alzò gli scudi. Nessun farmacista di sicuro.
Io ho deciso di sospendere il giudizio: nella manovra ho visto cose interessanti e altre odiose, ma non dimentico il fine ossia quello di salvare un Paese, il nostro, ormai sull'orlo dell'abisso. Queste cose, e lo dico con malcelata quanto inutile vanità, le affermavo anni fa, quando un po' da menagramo sostenevo che non solo la crisi non era passeggera, ma che la tempesta doveva ancora scatenarsi. Inutile vanità, se non altro   dettata dalla consapevolezza di essere governati da una classe politica scandalosamente inetta, piena di personaggi farseschi, indegni, o degni solo di far da maschere da commedia dell'arte. E non parlo dell'ultima maggioranza ma, per quello che ho potuto osservare direttamente con una certo senso critico, dell'intera classe politica degli ultimi 25 anni. I distinguo sono pochissimi.
Dicevo che la priorità, il fine, è tornato il Paese, malgrado non si tratti del suo benessere ma della sua salvezza.
Speriamo davvero che questo mezzo sia funzionale: un altro fallimento finirebbe per creare una spirale degenerativa con conseguenze assai fosche. Spero che questi  professori, siano consapevoli della loro azione, che non siano della schiatta di coloro che non sapendo fare  insegnano; spero insomma che abbiano mosso le giuste leve per ridare fiato al Paese, aprendo vie, da tempo occluse, verso tempi migliori. 
Non mi importa di non comprendere questi meccanismi, non ora. 
Mi consola un aneddoto raccontato da un ingegnere che partecipò alla ricostruzione post terremoto in Friuli grazie ad un modello che ha fatto scuola nel mondo, tranne ovviamente qui da noi. 
Quando il terremoto mise in ginocchio il Friuli si pensò di ricostruire prima il tessuto produttivo e in un secondo tempo le case. Questo permise ai friulani, in barba a coloro che supposero  (e io sarei stato tra quelli non fossi stato troppo giovane), che il denaro (le fabbriche) non doveva venire prima dell'uomo (le case), non solo di ricostruire il paese ma di uscire dal terremoto con un economia più forte, grazie anche alla solidarietà che unì il popolo in un fronte comune. Una bella differenza rispetto a quanto accaduto in Abruzzo, con consegna di case nuove, appaltate a società non indigene e consegnate a mo' di carità alle famiglie terremotate, le quali ora vivono nell'incubo di dover pagare mutui vecchi e nuovi, tasse vecchie e nuove, e a cercar lavoro chissà dove. 
Tanto per la nostra classe politica di insulsi sciacalli quello era un "paese" già morto.



Speriamo che il vento sia cambiato.

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