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lunedì 24 ottobre 2016

Abiezione di coscienza - parte 3 (considerazioni finali)


I primi due post servivano per esemplificare la forma mentis di coloro che difendono l'obiezione di coscienza. Sommariamente abbiamo potuto vedere come il metodo utilizzato consista nello spostare il problema che, nel caso, non era tanto l'applicazione in termini di legge dell'obiezione, quanto il fatto che il medico negligente fosse accusato di non aver fatto il suo dovere, in quanto in contrasto con un suo proprio codice etico-morale. 
Ora, il problema dell'obiezione di coscienza è un problema assai serio perché va a stravolgere le funzioni proprie di un istituto in funzione di un ideologia o di un credo che dir si voglia. 
Prima di continuare vorrei subito eliminare una tesi che viene sostenuta qua e là, ovvero il  richiamo a obiezioni storiche come l'obiezione civile vs servizio militare: in realtà essa non trova un parallelismo in quella a sfondo religioso: allora non c'era la pretesa di entrare nell'esercito, semmai chi obiettava, di fatto, richiedeva di non voler prestare il servizio militare. Penso che la differenza sia sostanziale.
D'altra parte cosa avrebbe fatto un pacifista nell'esercito se non azione di sabotaggio? 
Ecco il problema sta qui: l'obiettore di coscienza non dovrebbe inserirsi in un ambito in cui la sua (non) azione rischia di compromettere le funzioni dell'istituto stesso. 
Perché di fatto, benché lui ritenga di essere la "vera" soluzione, rappresenta il principale problema: il perché lo vedremo a breve.
Questo, e va detto , vale non solo per gli ospedali, ma anche per le farmacie, ne avevo già trattato qui, ma questo è più recente, per l'educazione (ipotesi della teoria gender), per il diritto alla morte (eutanasia) e via dicendo.

Ma chi è l'obiettore veramente?

L'obiettore considera sé stesso un defensor fidei, una sorta di paladino contro le mostruosità dell'epoca moderna (che comunque esistono, è innegabile)
Egli si ammanta dello spirito del martire come se fosse lui e i pochi come lui, la parte lesa, anche quando non sono pochi, e soprattutto quando non ci sarebbe motivo alcuno di sentirsi martiri. Evidentemente l'atteggiamento vittimista paga, soprattutto se è tattico e ben supportato da potenti lobbies. 
Egli si ritiene superiore, un portatore di luce (e qui il mi si consenta la battuta lo configura come  un Lucifero qualunque), depositario di una verità millenaria che vede nell'azione della controparte, non tanto uno speculare tentativo di far valere le diverse idee (magari già diventate diritti), ma un tentativo di oscurare le proprie. 
Verrebbe da chiedersi se è per mancanza di intelligenza o di pudore (buona o cattiva fede) che si scaglia sui diritti altrui (o sul tentativo altrui  di ottenerli in base a etiche alternative tutt'altro che aberranti), quasi che l'esistenza degli uni sia per forza negazione degli altri. 
D'altra parte l'obiettore religioso per sua natura non è democratico: solo ciò che egli crede è verità, tutti gli altri sono in errore. Questo, purtroppo, a prescindere dall'argomento materia di discussione. Egli mira ad ottenere la traduzione del supposto disegno divino in terra, immemore persino delle deliranti profezie di cui i suoi libri sono zeppi che ne prevedono invece il compimento con il ritorno niente di meno che della divinità stessa accompagnata da (chissà perché visto che sarebbe onnipotente) imponenti eserciti angelici.
Si fa dunque giudice supremo, sostituendo il concetto di giudizio con quello di sentenza, adoperandosi per negare agli altri ciò che egli reputa sconveniente per sé.

Arcivescovo Silvano Maria Tomasi
"Tomasi si è inoltre espresso contro 
la qualificazione dei diritti degli omosessuali 
come diritti umani, ritenendo che lo scopo sia
limitare la libertà di espressione 
dei leader religiosi sull'argomento"
(Fonte : Wikipedia)
Già questo sarebbe sufficientemente inquietante, giacché di fatto configura l'obiettore come un'estremista, ma ci sono, ahimè ulteriori aggravanti.

La prima deriva direttamente sistema con cui è governata la fede.

La religione, come ho più volte sostenuto (e spero dimostrato), raccoglie al suo interno il tutto e il suo contrario.
Questo da facoltà a chi ne esercita i poteri di poter scegliere al meglio la citazione perfetta per il momento a secondo della convenienza.
Ne consegue, in virtù di dinamiche del tutto umane e quindi prevedibili,  che l'atteggiamento dei detentori di tale potere è nei confronti di propri fedeli inversamente tollerante a quello della tenuto nei confronti della controparte.
L'errore del fedele infatti viene a seconda della convenienza sminuito o perdonato; spesso, addirittura, la difesa dell'enstabilshment supera abbondantemente la soglia del ridicolo, cercando il cavillo al fine di negare il problema, come quando, in pieno scandalo pedofilia, niente di meno che l'allora Osservatore permanente del Vaticano presso l'ONU, l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi  si affrettò a puntualizzare che in realtà non di pedofilia si trattava, ma di "efebofilia" e che in realtà erano stati gli adolescenti gay ad adescare i poveri preti (vedi qui).
E' poi fondamentale constatare come il profitto, sia esso inteso in termini economici, di potere, visibilità , ecc, venga prima di qualunque altra cosa: piuttosto che perdere consensi meglio il compromesso. Come, magari, attendere con "prudenza" una sentenza, faccio un esempio,  che dica chiaramente se Medjugorje è una truffa o no (da leggere questo spassosissimo articolo di Antonio Socci dove, il giornalista obnubilato dalla fede, ammette in modo inconsapevole ma  cristallino, che il fine, la "conversione", dovrebbe giustificare i mezzi, la "truffa"!); ma si potrebbero citare anche i comportamenti dell'attuale amatissimo Papa che ama proclamare una cosa per poi fare l'esatto opposto , o cercare alleanze in fedi scismatiche tradendo, di fatto, la propria (in rete c'è un'infinità di siti ultra-cattolici che lo massacrano giornalmente, a voi il "piacere" della ricerca, io vi cito a caso senza entrare nel merito, questa).

Solo in ultima istanza, se il danno provocato dal fedele ottiene troppa rilevanza mediatica, dopo aver giocato le deboli difese (ne è esempio la chiosa del Teologo nell'articolo precedente) si procede all'abbandono (sperando che tutto venga presto dimenticato e con buona pace delle vittime), nella speranza di salvare il salvabile (il tema).

E' dunque da questa confusione che nasce il pericolo che l'obiezione di coscienza, che sia inteso, reputo essere un diritto inalienabile tanto quanto il suo contrario, si trasformi in abiezione, ovvero una vergognosa degradazione della coscienza che pone la propria personale, e quindi opinabile, etica ad un livello superiore rispetto a qualunque libertà altrui. 


Aggiornamento (25/10/2016): 

Gli ispettori inviati dal ministero della salute avrebbero verificato che la tragedia di Catania non sarebbe dovuta all'obiezione di coscienza. Riporto quanto scritto sull'articolo di Repubblica:
Nelle tre pagine redatte dagli ispettori si parla "di evento abortivo iniziato spontaneamente, inarrestabile, trattato in regime d'emergenza". Gli ispettori ricostruiscono la cronostoria della tragedia, dal ricovero alla morte. Valentina Milluffo era ricoverata dal 29 settembre (alla 17essima settimana di gravidanza) per minacce d'aborto. "La paziente - si legge - era in trattamento adeguato". La situazione degenera il 15 ottobre con un picco febbrile a 39 gradi centigradi. Le vengono somministrati antipiretici e antibiotici. Secondo gli ispettori, "le prime valutazioni cliniche e il monitoraggio dei parametri vitali non evidenziano alcun dato anomalo, se non - alle ore 16 circa - un iniziale abbassamento della pressione arteriosa". Seguono ulteriori esami che evidenziano "un quadro settico e una coagulopatia da consumo, con progressiva anemizzazione e progressivo calo dei valori pressori". Vengono allertati gli anestesisti e - si legge nella relazione - le condizioni della donna "vengono comunicate ai parenti presenti con tempestività".
Alle 23,20, in sala parto, Valentina Milluffo espelle il primo feto. Morto. Alle 24 inizia la stimolazione con ossitocina per accelerare l'espulsione del secondo feto, che avviene all'1,40. "Viene coinvolto un secondo anestesista di turno - scrivono gli ispettori - e si sposta la donna in sala operatoria, per le procedure di secondamento chirurgico e di revisione della cavità uterina in anestesia, che si completano alle 2.10". Ma la donna è gravissima, continua a perdere sangue ed è necessario tamponare l'utero e somministrare farmaci.
"Le condizioni generali - si legge - tendono al peggioramento". La signora viene intubata e respira artificialmente. E' trasferita in Rianimazione dove, alle 13.45, "nonostante il massimo livello assistenziale ed un transitorio miglioramento delle condizioni generali", muore. "I parenti - si legge nella relazione - sono stati sempre informati e sostenuti dall'intera equipe degli ostetrici e degli anestesisti".
La cosa in realtà non mi stupisce, anzi. Come già introdotto nei primi due post, nessuno dei "testimoni" chiamati in causa era per loro stessa ammissione presente alla denunciata manifestazione dell'obiezione. Inoltre l'eventuale obiezione non sarebbe mai stata riportata in cartella clinica, che per quanto ufficiale è una "fonte di parte" peraltro redatta dalla parte sotto accusa. L'ispezione non sembra tenere conto di quanto denunciato dai parenti delle vittime. Nel reparto in questione la totalità dei medici è obiettore di coscienza (12 su 12) e quindi in base alle mie personali (e chiaramente opinabilissime) considerazioni esposte ritengo che nessuno avrebbe mai denunciato l'altro. Stiamo parlando pur sempre di estremisti. In Italia, a differenza di quello che sostengono i vittimisti catto-oltranzisti, l'obiezione è un ottimo viatico per fare carriera: non ci si brucia così. Con buona pace di quel pagano di Ippocrate su cui spergiurano.

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